Prefazione:

di Rita Pomponio
giornalista, scrittrice,
biografa ufficiale di Salvo D’Acquisto
 

La prima impressione che si avverte leggendo il libro di Mauro Nasi, è la gradevole sensazione di “riconciliazione” con la storia. Un sentimento necessario per poter ripercorrere oggettivamente la recente storia italiana senza pregiudizi o risentimenti.
Straordinaria la capacità dello scrittore di riuscire a far rivivere, attraverso il racconto biografico di un italiano, quei terribili anni del Novecento - sconvolti dalla Seconda guerra mondiale e da conflitti ideologici senza precedenti - mantenendosi sempre in disparte. Senza imporre al lettore la sua presenza con giudizi personali di alcun genere, come invece avviene quando si scrive di storia. Lasciando a chi legge la facoltà di giudicare senza condizionamenti ciò che vede attraverso gli occhi del muratore-carabiniere Mario Ciavaglia.
Con uno stile romanzato, ma con la scrupolosità dello storico che rispetta i fatti, l’autore ci conduce nell’avventurosa vita di Mario, permettendoci di camminargli fianco a fianco mentre attraversa l’intera epoca Fascista; la guerra; la prigionia – Carabiniere appena ventenne - nei campi di lavoro tedeschi; fino al difficile ritorno in Patria nel 1945.
Una vita da romanzo, questa storia “di prima mano”, con un impianto narrativo avvincente, in cui gli avvenimenti, seppur drammatici, non risultano appesantiti da descrizioni inutilmente forti, o ancor peggio, truculente. L’intero racconto, in cui non si ravvisano sentimenti di vendetta verso coloro che erano i nemici, evidenzia una pace interiore - quella di Mario - che, nonostante le brutture della guerra e le terribili privazioni nei Campi di concentramento, trasmette amore per la Patria e un’incrollabile fiducia nel futuro.
Un racconto a tutto tondo che inizia a ritroso, con il giovane Mario Ciavaglia sull’altare che prende in sposa l’amata Marcella. Ma, d’un tratto, alla fatidica domanda del celebrante si ritroverà - e con lui il lettore - catapultato sul filo dei ricordi a ripercorrere la sua vita. Un ragazzino, che sulle orme del padre, si rifiuta di lavorare la terra e, fresco di diploma di Quinta elementare, decide di fare il muratore. Non nascondendo però la sua vocazione per l’Arma dei Carabinieri. 

Interessanti le pagine che riportano il ricordo che Mario fa del proprio padre. Quando il genitore, appena ventitreenne, nei primi anni del Novecento s’imbarcò per la lontana America. E qui lavorò per 13 anni a costruire una delle maggiori ferrovie degli Stati Uniti. Soltanto la nostalgia per l’amata Patria riuscì a convincerlo a ritornare. Abbandonando così una vita agiata, dove poteva permettersi addirittura di assistere ai concerti del celebre tenore Enrico Caruso al “Metropolitan Opera House” di New York, il più grande Teatro d’Opera del mondo, per sposare una ragazza di Pastena (Frosinone), sua terra d’origine. E, subito dopo, grazie ai dollari guadagnati in America, riuscì ad acquistare un terreno a Cisterna di Latina, in località Cerciabella, dove nacquero i suoi figli.

 

Una vita difficile, negli anni Venti, per gli abitanti dell’Agro Pontino infestato allora dalla malaria. E il ricordo di Mario torna, quasi con nostalgia, al grande sconfinato silenzio di quei luoghi e alla loro selvaggia bellezza prima che arrivasse la bonifica delle Paludi Pontine a cambiarne nomi e paesaggi.
Il giovane, non aveva che diciannove anni quando arrivò a Roma. Chiamato al servizio militare di leva come Allievo Carabiniere, fu in seguito trasferito al Reggimento a cavallo, proprio mentre un inquietante vento di guerra cominciava a soffiare sull’Europa intera.


«Per me la guerra è iniziata il 19 luglio», racconta Mario ricordando l’estate del 1943, quando fu testimone dei terribili bombardamenti alleati che distrussero interi quartieri della città Eterna.
Ma il peggio per lui doveva ancora arrivare.
All’alba del 7 ottobre di quello stesso anno, mentre si trovava in caserma, veniva arrestato dai soldati tedeschi e, con altri militari dell’Arma, tradotto nel campo di Klagenfurt, uno dei tanti lager nazisti sparsi per l’Europa.
A salvargli la vita furono probabilmente la sua caparbietà e la prontezza di spirito. Doti che gli permisero, a quasi due anni dalla cattura, di fuggire in modo rocambolesco insieme ad alcuni compagni di prigionia.


Una storia italiana, questa, che rassomiglia a centinaia di altre storie, alcune purtroppo con un finale meno lieto, ma che dovrebbero costituire un monito per i giovani ad aborrire qualsiasi forma di conflitto tra i popoli. Poiché, come diceva il grande scrittore tedesco Hermann Hesse “La guerra non porta avanti il mondo, lo tiene soltanto in sospeso”.